Vitrectomia nel distacco di retina

Prof. Vito De Molfetta

 

Introduzione

Grazie alla chirurgia vitroretinica oggi si salvano occhi che fino a 20 anni fa sarebbero stati considerati irrecuperabili. Sono aumentate precisione e sicurezza in ambito chirurgico.

Se fino a qualche tempo fa la vitrectomia era riservata solamente ai casi di DDR più complicati, oggi sta diventando un’opzione sempre più popolare anche come prima scelta: in Gran Bretagna vengono trattati mediante vitrectomia i 2/3 assoluti dei casi di DDR, e anche nella realtà italiana abbiamo assistito ad una crescita esponenziale dell’utilizzo di questo approccio interno.

Le ragioni della diffusione della vitrectomia sono da rintracciare sicuramente nel successo anatomico dell’intervento ma anche in una serie di “facilitazioni” non di poco conto che sono state introdotte da questo tipo di intervento e ben accettate dal personale medico e dai pazienti, come: agevolezza dell’esecuzione, dimissibilità precoce e riduzione sempre maggiore delle complicanze nel tempo.

In questo articolo si percorre lo sviluppo della chirurgia vitreo-retinica iniziando dalla patogenesi del DRR, soffermandoci sugli obiettivi e i risultati raggiunti da questo tipo di intervento, riportando casistiche di studi clinici randomizzati e affrontando le complicanze e risoluzioni della vitrectomia nel distacco di retina.

Vitrectomia – Nascita e sviluppo

Gli anni ‘70 hanno visto il progressivo sviluppo della vitrectomia e delle tecniche di chirurgia endobulbare. La chirurgia vitreo-retinica nasce in America proprio in quegli anni e da allora si è sviluppata moltissimo, raggiungendo traguardi impensabili fino a poco tempo fa e questo è stato possibile grazie all’evoluzione di presidi ed apparecchiature molto sofisticate rispetto a quelle di un tempo – inclusa la tecnologia diagnostica che ha permesso diagnosi tempestive fondamentali per questo intervento – che hanno permesso di ridurre l’invasività ed il decorso clinico, unita alla specializzazione e perfezionamento dei chirurghi  vitreo retinici per questa branca e per discipline complementari e, ancora l’evoluzione nella farmaco chirurgia che ha introdotto sostanze tamponanti sempre più efficaci.

Fino a qualche anno fa, era riservata ai casi di DDR più complicati, mentre attualmente sta diventando un’opzione sempre più popolare anche come prima scelta: ad esempio, in Gran Bretagna vengono trattati mediante vitrectomia i 2/3 assoluti dei casi di DDR, fino ad una rapida diffusione in tutto il mondo.

La crescita esponenziale del suo utilizzo non appare esclusivamente legata a ragioni cliniche, almeno nella realtà ospedaliera italiana. I fattori che ne hanno favorito la scelta contemplano fondamentalmente tre elementi: il primo, la sicurezza, quella del chirurgo in assenza di accurato esame pre-operatorio, il secondo è di carattere totalmente pragmatico e riguarda la maggior agevolezza dell’esecuzione in anestesia locale; il terzo, ma non ultimo per importanza, la dimissibilità precoce del paziente.
E’ ormai assodato che la vitrectomia consente di affrontare con successo forme complicate di distacco di retina: distacchi di retina datati, alcuni tipi di rottura retinica gigante, forme di DRR associate a distacco di retina trazionale, forme accompagnate da membrane fibrose sulla retina, nel pucker maculare, solo per citarne alcuni.

Si pensi che oggi ricercando “vitrectomy”,  si ottengono più di 15mila articoli.

La patogenesi del DRR

Separazione degli strati retinici in base al meccanismo patogenetico “regmatogeno” causato dal passaggio di liquido dal vitreo allo spazio sottoretinico attraverso una rottura retinica.

Gli elementi cardine della patogenesi del DRR sono individuabili nella combinazione di tre fattori  quali la presenza di rotture retiniche (caratterizzate per numero, localizzazione e dimensioni), trazioni vitreali a livello delle rotture e delle aree circostanti e presenza di fluido pre-retinico in grado di attraversare le rotture verso lo spazio sottoretinico.

Generalmente il distacco di retina tende ad estendersi, con velocità di progressione variabile, in un processo che può non avvenire in maniera simultanea per tutto il vitreo, ma parzialmente a compartimenti, fino a interessare porzioni sempre più ampie e causando la perdita di una intera porzione di campo visivo: il vitreo passa attraverso la rottura e scolla la retina che si stacca prima parzialmente e poi totalmente apparendo successivamente raggrinzita e mobile, o liscia nei distacchi di lunga data.

Chirurgia vitreo-retinica nel trattamento del DRR

La chirurgia vitreo-retinica nel trattamento del DRR consente la rimozione del vitreo della base alterato, ossia l’elemento patogenetico specifico della patologia e permette di raggiungere i principali obiettivi dell’intervento:

  • La chiusura funzionale delle rotture per impedire il passaggio del fluido vitreale liquefatto nello spazio sottoretinico. Tale chiusura delle rotture avviene sia a breve termine, mediante il tamponamento, sia a lungo termine mediante il trattamento foto coagulativo.
  • Il rilasciamento delle trazioni per evitare la mancata chiusura o la riapertura delle rotture, grazie all’eliminazione delle trazioni vitreali, tramite loro rimozione diretta.
  • L’appianamento della retina mediante asportazione del fluido sottoretinico, tramite evacuazione ab interno attraverso la rottura.

Attualmente la tendenza è di trattare mediante chirurgia vitreo-retinica la quasi totalità dei DRR con distacco posteriore di vitreo caratterizzati da difficoltà di osservazione della retina, PVR di grado avanzato, alcuni tipi di rottura retinica gigante, rotture retiniche posteriori/multiple, distacco coroideale associato a DRR, associazione di DRR e distacco di retina trazionale.

Tuttavia, come dimostrato da Studi clinici randomizzati e secondo la medicina dell’evidenza, la chirurgia vitreo- retinica non rappresenta un’alternativa alla tecnica episclerale nel trattamento del distacco di retina regmatogeno non complicato nel paziente fachico, in quanto il risultato anatomico risulta identico dopo tecnica episclerale e vitrectomia e il risultato funzionale addirittura migliore dopo tecnica episclerale; mentre è correttamente utilizzata come prima scelta nel paziente pseudofachico e nei casi complicati, in cui è dimostrata la superiorità della vitrectomia, in cui la probabilità di riaccollamento della retina superiore è pari a 1,69 volte rispetto a tecnica episclerale e le percentuali di successo primario sono del 78,4% contro il 68,7% ottenuto con tecnica episclerale.

Infatti le rotture retiniche possono avere delle particolari caratteristiche per cui un trattamento ab esterno può rilevarsi difficile, come l’identificazione corretta di tutte le rotture, la necessità di ripetute manovre di indentazione e di crioterapia, indentazioni estese, specie per rotture a diversa disposizione antero-posteriore, possibile formazione di pieghe retiniche radiali, fenomeni di fish-mouth a livello delle rotture, sindrome ischemica anteriore, insufficienza vascolare retinica, condizione di pseudofachia /afachia.

La crescita dell’utilizzo di questa metodica nel trattamento del DRR è stata anche favorita dalla riduzione nel tempo delle complicanze legate alla chirurgia vitreo-retinica come l’insorgenza di cheratopatia e ipertono secondario da chiusura d’angolo, grazie al mantenimento del cristallino; la proliferazione vitreo-retinica, grazie al miglioramento tecnologico (vitrectomi ad alta velocità di taglio, sistemi di visione panoramica, etc) e all’utilizzo di mezzi di tamponamento adeguati.

Per questi ultimi, in particolare, in seguito ad una casistica consistente, l’orientamento personale ha consentito di rilevare un’associazione ottimale tra mezzo di tamponamento e specificità clinica, indicate nella tabella seguente.

In linea generale invece i criteri di scelta del tamponamento devono essere orientati dalla valutazione dello stadio proliferativo e valutazione del rischio di riproliferazione (peeling aggressivo, proliferazioni sottoretiniche, membrane immature), delle caratteristiche delle rotture retiniche (esposizione EPR, SEDE, stato di trofismo della coroide nelle sedi di rottura ai fini delle possibilità di retinopessia) e da criteri extraoculari (difficoltà di mantenimento posturale, condizioni generali).

Vitrectomia VS Chirurgia mini-invasiva

I benefici della metodica mini-invasiva (tempo chirurgico ridotto, minore infiammazione, maggiore comfort per il paziente, più rapido recupero visivo) non hanno un significato clinico apprezzabile nel trattamento del RRD.

Il riaccollamento retinico, ottenibile in una percentuale compresa frail 71% ed il 93%, ed il risultato funzionale medio (4/10) sembrano indicare un peggioramento dei risultati con questa tecnica.

Inoltre la tecnica mini-invasiva senza sutura è più rischiosa a causa delle complicanze: ipotonia post-operatoria ed endoftalmite.

La chirurgia mini-invasiva nel trattamento del distacco di retina regmatogeno può essere invece applicata in condizioni di trazione vitreo-retinica localizzata, assenza di PVR, localizzazione delle rotture nello stesso quadrante, assenza di rotture nei settori inferiori.

Le nuove frontiere

Le nuove frontiere oggi sono rappresentate dalla chirurgia miniinvasiva, in cui si opera senza più suturare, impiegando strumentazioni dal calibro molto piccolo, cosa che consente risultati più precisi e un minore disagio del paziente.

In più le nuove frontiere sono rappresentate da materiali e da farmaci utilizzati durante l’intervento che un tempo non esistevano, quali le sostanze tamponanti che sono notevolmente migliorate.

Queste sostanze adiuvanti avranno sicuramente delle nuove evoluzioni e anche la chirurgia miniinvasiva prima o poi sfocerà nella robotica.

Una nuova frontiera riguarda poi l’impiego di microchip per sostituire alcune funzioni della retina danneggiata.

 

Riferimenti bibliografici

Vito De Molfetta, La Retina: il centro della Visione Caltagirone (CT), 13 Novembre 2010

Relazione ufficiale SOI -27 novembre 2008 – Indicazioni e obiettivi della chirurgia endovitreale nel distacco di retina regmatogeno – primario Vito De Molfetta.

Heimann H.: Primary 25- and 23-gauge vitrectomy in the treatment of rhegmatogenous retinaldetachment. Advancement of surgical technique or erroneous trend? Klin Monatsbl Augenheilkd, 2008.

Minihan M., Tanner V., Williamson T.H., Primary rhegmatogenous retinal detachment: 20 years of change, Br J Ophthalmol, Volume: 85, (2001), pp. 546—548.

Primary pars plana vitrectomy. Techniques, indications, and results Heimann H, Bartz-Schmidt KU, Bornfeld N, Weiss C, Hilgers RD, Foerster MH. Ophthalmologe. 2008 Jan;105(1):19-26. Review. German.

Recent Posts